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Verso l’Estonia – Ultimi giorni (Abbracciati dal Lago)

10,11 e 12 Luglio 2017 – Diario di viaggio 

Il cerchio è finito, cominciato con l’entusiasmo, poi l’improvvisa disperazione, poi la rinnovata fiducia e la ricerca di una strada nascosta nei dettagli. Infine il coraggio di rompere ogni barriera e prendersi per mano, io e quei due sconosciuti che sono diventati i miei compagni di qualche ora, gettarsi nel lago nero e per istanti di terrore pensare di cadere spaventati. Essere abbracciati dall’acqua, stretti nella morsa di un freddo doloroso e uscirne selvaggi, nudi, nati una seconda volta e portando con sé la vittoria su quel mostro che ci terrorizzava.

Lo racconto con un’enfasi che può sembrare costruita come a me è sembrata costruita decine di volte quella di alcuni viaggiatori che mi hanno sfiorata, eppure l’intensità con cui riesco a sentire quelle sensazioni, ancora oggi a distanza di giorni, e la sofferenza del dovermene andare, di dover terminare questo viaggio, dire addio a posti e persone, è più reale di quanto non si possa descrivere. Sembrerà che abbia costruito una storia, invece l’ho vissuta, ho toccato i suoi confini surreali con la stessa sorpresa di chi potrebbe leggere e chiedersi se non siano cose che capitano solo ad alcuni rari esseri umani. No, non lo sono. Sono capitate a me, che sono come chiunque altro, avevo uno zaino, il desiderio di vivere più esperienze possibile, e nient’altro. Solo il coraggio di cambiare programmi che progettavo da mesi e la prontezza di cogliere le opportunità, decine, che si aprivano davanti ai miei occhi. È una cosa che può accadere a chiunque, dovrebbe accadere a tutti, vorrei che ognuno fosse investito dallo stesso stupore con cui ho dovuto accogliere le gentilezze e tutto quel bene che mi ha travolta. Non è normale ma succede. Nella realtà del viaggiatore, forse nella realtà di ogni giorno. E ciò che più mi lacera è il rendermi conto che questa sensazione di un cammino illuminato e colmo di senso, questa visione chiarissima che ho di un mondo dove qualcosa c’è, esiste e ci protegge, presto svanirà in un ricordo appiattito, in cui quei ragazzi non saremo più “noi”, quel lago non sarà più il “mio”, quelle esperienze saranno solo una “storia” e gli indizi di questa fede nell’universo e nel suo senso saranno nuovamente fragili leggende che penserò di essermi raccontata in un momento di sobria ubriachezza.
Non è così.
C’è qualcosa, riesco a vederlo, lo sento perfettamente, e ogni due anni torna a urlarmi nelle orecchie. Che c’è di più. Nei riflessi dei commoventi tramonti sul lago Verevi; nella placidità delle sue gelide acque notturne; nel sorriso timido di Alden; nella compagnia di Pavel e nella provvidenzialità di Dmitri; nella generosità e nell’interesse di Thomas e Sandra; nella ragazza che mi ha aiutata a trovare la fermata, nella coppia che mi ha offerto un passaggio in macchina, nelle persone che hanno insistito per farmi più scatti e trovare il migliore, nel professore che mi ha fatto una lezione di architettura in aereo risparmiandomi ore di noia.

Nelle parole di Martin, che prima di tuffarci me l’ha detto: quando sono venuto ad Elva, non immaginavo che d’ora in poi l’avrei ricordata come quel posto in cui incontrai una ragazza che aveva attraversato tremila chilometri per vedere un lago. Ogni volta, d’ora in poi, pensando ad Elva penserò a te.

E per me siamo ancora lì, con i piedi immersi nelle sue acque, sapendo che prima dell’alba troveremo il coraggio per fare quel tuffo, ricordarci per sempre lì. E infine dirci addio.

O a presto.

abbracciati dal lago