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Scrivere in silenzio

A volte scrivere è qualcosa di silenzioso. Quando riesco a farlo di nascosto, quando nessuno guarda, quando riesco a tacerlo, riesce ad essere un piacere reale, che non ha bisogno di vedere la luce del pubblico per esistere.

Negli ultimi mesi ho scritto molto poco, mi sono dedicata alle esperienze di vita, quelle da cui emergono le storie, senza le quali per anni sono dovuta restare in silenzio con me stessa. Ogni tanto riprendo in mano alcune delle pagine che sto scrivendo, quando mi blocco cambio le idee, quando resto ferma rileggo e la mia testa è di nuovo lì. Ci riesco, nonostante le pause. E non è sempre stato così semplice, spesso il vedere di aver lasciato qualcosa ferma troppo a lungo mi ingannava lasciandomi pensare che fosse una storia morta.
Invece c’è qualcosa di vivo che sta ancora crescendo, che non vede nessun altro, che covo a bocca chiusa, concentrata ma senza farne una malattia.

Vorrei che fosse sempre così.
Semplice. Sincero. Spontaneo.

Autenticità

Dopo diverse riflessioni sul tema ho realizzato di aver messo una certa distanza tra quello che per me significa scrivere, quello che nel corso degli anni mi hanno dato le mie storie e i miei personaggi, e quello che invece nell’ultimo anno ho agito in merito ai miei obiettivi. Senza nulla togliere all’impegno che ci ho messo e vorrei continuare a metterci, è innegabile che abbia perso di vista la parte intima e personale che mi ha sempre dato la spinta in questa direzione. Ho cominciato a scrivere per dovere, per raggiungere un traguardo, per dimostrarmi che ce la potevo fare sul serio e che non erano solo parole, e come sempre in questi casi ho perso un po’ la gioia di mettere nero su bianco le frasi e le storie per il solo amore di farlo; per l’amore di guardare i primi passi di personaggi che non necessariamente dovrebbero aver un seguito; per la soddisfazione che dà mettersi davanti al pc e produrre qualcosa a prescindere dalla sua pubblicabilità; per l’amore dello sperimentare, ma il farlo per se stessi e per nessun altro; per la serenità che sopraggiunge quando i nodi si sciolgono nel dialogo con se stessi e sulla carta.

E’ abbastanza triste ammetterlo, ma sembra che abbia manipolato quella che è nata e cresciuta come una sincera passione. “Voglio diventare una scrittrice” da piccola era solo la giustificazione alle ore intere che passavo a scrivere di qualsiasi cosa perché desideravo tenermi compagnia. Ultimamente scrivere è diventato un atto in funzione di quella frase e questo ha nascosto il sincero desiderio di farlo “per farlo”. Magari lo ha protetto, ma in ogni caso gli ha impedito di manifestarsi.

Sull’onda di queste considerazioni ho cominciato a scrivere per scrivere, quando ne ho voglia, e non necessariamente la storia principale che sto elaborando. Ho iniziato a buttare giù ritratti o frammenti o lettere o dialoghi, senza discriminare e senza pubblicare, con il solo fine di riavvicinarmi a qualcosa che per me significa così tanto. Con il fine di riprendere contatto con il reale motivo per cui è nato questo stesso blog, e non quello che l’ambizione lo stava portando a diventare.

autenticità

Non ho riletto.

Voglio scriverlo qui senza cancellature, senza preparazione. Voglio scriverlo perché è vero, perché forse spingo così tanto su questo progetto, su questo blog, su quel mio libro, sulla scrittura, che non ho avuto nemmeno un momento per dire la verità. Per farla trapelare come l’unica e sola verità permanente di tutto questo.

Sono terrorizzata

.
Sul serio, terrorizzata; ho paura di non farcela, di non riuscire, di non essere mai nessuno nemmeno per me stessa. Ho paura che tutto questo non serva a niente, che il talento non basti, o che non ce l’abbia proprio. Ho paura di non poter controllare tutto questo, di rinunciare, di perdermi per strada, di fallire, di essere rifiutata, di restare indifferente, di essere vuota o sembrare vuota. Ho paura, tantissimo, così tanto che faccio di tutto perché nessuno possa toccare con mano la vera importanza di quello che faccio, che non è scrittura, non è libro, non è un percorso, non è niente. Ho paura che qualcuno si accorga di quello di cui non voglio accorgermi neppure io, cioè di quanto sia importante, di quanto non c’entri nulla l’essere riconosciuta, l’essere famosa, il vendere, il piacere, lo scrivere un’opera completa.
Sono terrorizzata anche perché adesso che me ne accorgo vedo quanto abbia violentato questa importanza e l’abbia strumentalizzata, l’abbia scarabocchiata di concetti non suoi. Non so se riuscirò mai a riprenderci contatto, e soprattutto a lasciarla vivere senza le ansie e le aspirazioni. Non so nemmeno se voglio farlo.

Questo è vero, e nient’altro. Il resto sono solo io che faccio cose che fanno tutti e non lascio il segno.

 

(foto copertina di Alice Litwin)

Essere uno Scrittore “in divenire”

Per definirsi “scrittore” bisogna potersi mantenere con la scrittura, o comunque guadagnare tanto. Essere pubblicato da un editore, essere conosciuto e riconosciuto dalle persone come tale. Aver scritto almeno un paio di libri. 

Questo mi è sembrato emergesse da una recente discussione che ho avuto con una mia amica, a cui, dopo una lunga riflessione, non ho potuto nemmeno dare tutti i torti. Se qualcuno mi venisse a dire “io sono uno scrittore“, penserei che sia in possesso di almeno un paio delle suddette caratteristiche, se non addirittura tutte. In effetti io stessa faccio parte di una cultura in cui certi ruoli sembrano non poter fare a meno di un riconoscimento esterno. E’ così per qualsiasi cosa, eppure più ci penso più questo mi sembra sbagliato e assurdo. Va così di moda portare con fierezza il concetto di essere se stessi, non quello che gli altri ci dicono di essere, che mi stupisco di come invece categorie come “scrittore” o “musicista” o “pittore” vadano contro questa popolare corrente di pensiero. Mentre mi dico che devo conformarmi, che non tutti quelli che scrivono sono degli “scrittori”, in me nascono domande a cui non riesco davvero rispondere..

In base al guadagno?

Se per essere uno Scrittore devo guadagnare con i miei libri, basta che abbia guadagnato quei 25cent dalla vendita online dell’ebook? Anche se a comprarlo è stata mia madre?..probabilmente no. Allora QUANTO devo guadagnare, per potermi definire Scrittore? Devo potermi mantenere con i libri, farne un lavoro? Allora di Veri Scrittori devono essercene proprio pochi. E se valesse anche per la pittura, diamine, penso a Van Gogh, che non era affatto un Vero Pittore.

In base alla scelta degli editori?

Forse devo almeno essere pubblicata. Ma non autopubblicata, che è troppo facile, nè pubblicata pagando. Bisogna che un editore investa sul mio lavoro, che decida che vale la pena pubblicarlo a sue spese, perché lui capisce. Se lui dice che sono uno Scrittore, allora dev’essere vero. Ho ricevuto la proposta di un editore (NON a pagamento) e l’ho rifiutata, quindi ho perso la mia occasione di essere uno Scrittore. Oppure vale solo per gli editori di cartaceo, perché le proposte per gli ebook sono troppo facili, sono una scorciatoia. Per essere uno Scrittore devi sbatterti molto di più. Penso che forse nessuno mi pubblicherà mai in cartaceo, ma penso anche alla Rowling, che non dev’essere stata una Vera Scrittrice per molti anni, prima che qualcuno capisse il valore della sua opera. L’hanno rifiutata tantissimi editori, la Rowling, e in quel periodo lei era “una che scriveva“, non poteva certo definirsi Scrittrice. Oppure penso a quei personaggi pubblici, che hanno la fortuna di essere pubblicati solo per il loro nome, perché venderebbero anche migliaia di pantofole, se si sapesse che sono una loro creazione. Totti è uno Scrittore, ad esempio. Ma se poi l’editore è indeciso tra due libri e ne sceglie uno, scartando l’altro che pure gli piaceva moltissimo, solo il primo diventa uno Scrittore? E poi, essere un Vero Scrittore potrebbe dipendere dalla moda del momento? Se scrivo di vampiri è più probabile che diventi un Vero Scrittore, nel 2014, come i fantasy degli anni 2000? Dovrei scrivere storie sul Sadomaso, che adesso funzionano, in libreria. Allora un editore mi pubblicherebbe di sicuro, venderei di sicuro, sarei di sicuro un Vero Scrittore.

In base alla visibilità?

Penso agli altri, che devono riconoscermi come Scrittore, e penso a tutti quelli “che scrivono” e sono stati pubblicati, di cui nessuno conosce il nome e di cui nessuno conosce l’esistenza. Ma hanno pubblicato, e magari guadagnano pure poco, perché il loro libro è stato un fallimento, e mi chiedo..sono Veri Scrittori? Oppure non sono degni di tale nome? E se uno ha più soldi di un altro, per la pubblicità, o è più raccomandato, o più famoso pur per altri motivi, non è un po’ più facile che a parità di tutto il resto venga riconosciuto come Scrittore?

Ascolto queste domande senza risposta che continuano a martellarmi mentre discuto con mia mamma. Lei dice che non sono una Scrittrice, non ancora, e mi rendo conto che forse il dolore che provo nell’affrontare questo discorso viene dal fatto che ha ragione. Se la nostra cultura vuole questo, se la nostra cultura pretende che possediamo almeno un paio delle suddette caratteristiche per definirci “Scrittori”, pur senza rispondere alle mie domande, allora è vero. Non sono una Scrittrice. Anzi, sono quasi tentata di rifiutare questo appellativo completamente, perché sembra che sia sinonimo di arroganza, di presunzione. Mi sono definita, a volte e timidamente, una “scrittrice”, magari in erba, senza rendermi conto di come in quelle parole le persone potessero fraintendere l’orgoglio di potersi riconoscere nei propri piccoli traguardi, con l’arroganza nel pretendere di essere qualcosa di così importante e a cui tanti aspirano.

So benissimo che non sono nessuno. Che scrivere un raccontino di trenta pagine non è nulla, che ci sono persone più brave, più laboriose, più impegnate, che vincono concorsi, pubblicano libri, scrivono ogni giorno nuovi racconti, sanno farsi molto meglio pubblicità. Non ho mai detto di essere una Scrittrice con l’arroganza di chi si crede qualcosa di grosso, magari di migliore di molti altri.

L’ho sempre detto perché penso che sia giusto riconoscere a me stessa non solo i risultati concreti, i soldi guadagnati, il numero di libri scritti, il numero di proposte ricevute, il numero di complimenti, ma anche la volontà di raggiungere un traguardo, l’impegno nel cominciare a conseguire un certo percorso, la regolarità con cui tale impegno viene messo in pratica, la sincerità con cui esprimo a me stessa il mio obiettivo, senza i luoghi comuni di una falsa umiltà. Questo per me significa ESSERE qualcosa. Essere in un divenire, non essere in alcuni traguardi predefiniti – da chi?

Quindi scrivo ma no, non sono uno Scrittore, non nel senso che mi sembra gli dia la società. Lo accetto, lo accettavo anche prima, mio malgrado. Ma per tutto quello che investo nella scrittura, e quello che ho investito in passato, e l’importanza che ha sempre ricoperto nella mia vita, scusate ma

anche se non sono una Scrittrice, io MI SENTO una Scrittrice.

Che la società sia d’accordo o no.

E il giorno in cui non mi sentirò più una Scrittrice, non lo sarò più. A prescindere dai soldi che avrò guadagnato. Dai libri che avrò scritto. Dalle persone che mi riconosceranno.

Per correttezza e completezza, ho letto e dunque vi posto alcuni articoli che sostengono una tesi diversa dalla mia:

Scrittori in Causa (interessante articolo e commenti): clicca qui 
– IoScrittore (che apre più che altro una serie di ulteriori dubbi): clicca qui
– Topper Harley (che esprime anche un concetto su lettore vs scrittore che un giorno approfondirò): clicca qui
– Salvatore Anfuso (in questo caso esprime invece la mia stessa idea): clicca qui
– de Agostibus (interessanti distinzioni tra aspirante, esordiente, affermato): clicca qui
(Grazie sempre a De Agostibus per l’immagine che ho messo come immagine in evidenza)

Quando arriva l’ispirazione?

DISCLAIMER: questo non è un articolo “UTILE”, è un articolo e basta.

Nelle giornate come questa, che interrompono l’estate imminente con le loro nuvolacce e mi costringono tra le mura della mia disordinatissima camera, torno all’anno scorso. Me ne sto ore davanti al pc, con una storia iniziata nella testa, con un blog aperto e disabitato, con una pagina Facebook che non va né su né giù, con un racconto completo sulle spalle e nuovi personaggi in cerca di un’autrice meno pigra. O con più idee. Ho la bozza del cosiddetto “nuovo libro a metà” aperta di fronte a me, oppure ridotta a icona, in un’attesa fervente e improduttiva, il mio blocknotes digitale con cui ho temporeggiato per tutto il pomeriggio, e la vocina del Senso Comune che mi suggerisce infida:

non ti sarà mica venuto il blocco dello scrittore?

Il blocco dello scrittore. E’ così chiacchierato che ho il terrore di trovarmelo stampato in fronte, guardandomi allo specchio. Quale blocco? (E quale scrittore?) Per quel che mi riguarda sono nella condizione di sempre, quella in cui è difficilissimo trovare le idee e la voglia per andare oltre la trentesima pagina. Esiste una definizione per quel periodo in cui, invece, si trova l’ispirazione? O devo pensare che questo famigerato blocco sia il fulcro centrale della mia vita?

I

Riflettendo su quante volte mi sia capitato di restare per settimane ferma nello stesso punto, mi torna alla mente il mio primo libro. Mi vergogno ad ammettere di non ricordarne neppure il titolo, ma di ricordare quanto l’abbia odiato negli anni successivi alla sua rilegatura casalinga. Non mi vergogno più, invece, di ammettere che si trattava di un vero e proprio harmony per bambini, dove il momento culminante era il bacio del principe e la storia girava intorno alla relazione tra lui e una contadina umile ma bellissima. Non so di preciso quanto tempo abbia allora impiegato per terminare l’opera, ma ricordo di essermi fermata ogni giorno per diverse ore davanti al pc, a scrivere della loro storia d’amore.
Ho iniziato a scrivere quando ero molto triste, mi sentivo terribilmente sola, incompresa in un modo così canonico, per quell’età, che adesso mi fa sorridere. Ero triste e volevo essere capita, volevo vedere i miei desideri realizzarsi, volevo rifugiarmi in un mondo mio, con le mie regole, che fosse sempre lì al momento del bisogno.. rileggendo tutte queste cose mi sembra davvero di banalizzare, eppure non c’è altro modo di dirlo. Erano davvero queste, le mie scontatissime necessità. Erano davvero i motivi per cui scrivevo. Avevo circa tredici anni, quattordici quando ho finito di scriverlo dimostrandomi che potevo farcela – ovviamente i dubbi permangono.

Allora mi sono accorta di aver sempre scritto in periodi di profonda tristezza o profonda noia, generalmente in momenti che avrei dovuto dedicare allo studio per un esame, come se l’ispirazione dipendesse dai giorni in cui non si può far altro che scrivere, pur di evitare gli impegni sgradevoli. Forse per me è sempre stato un po’ così, più che un hobby era un bisogno e solo ultimamente sto riscoprendo la gioia di dedicarmi a una storia a prescindere dal mio umore. Ma si può fare, questo è certo. Allora mi chiedo tutti voi, che scrivete come me, più di me, sicuramente meglio di me, avete già capito quali sono i momenti in cui scrivere occupa il vostro tempo? E quelli in cui quella terribile etichetta comincia ad aleggiare sulla vostra testa?

Cosa fate, in quel caso?

Quasi per ridere, mi sono messa alla ricerca di qualche consiglio per ritrovare il momento d’ispirazione e superare il blocco dello scrittore. E ho riso, però mi ci sono un po’ ritrovata:

– WikiHow (dove si trova anche come grattare il becco di un fenicottero): clicca qui
– Un tal Amleto de Silva: clicca qui
– Simone(?) che consiglia di “scrivere comunque”..eh già..: clicca qui
– Giovanni Ronci, che non aggiunge assolutamente nulla al vuoto cosmico che sente dentro chi avrebbe questo blocco: clicca qui
– Snoopy, che alla fine è il più saggio:

La prima critica non si scorda mai

Bene o male, purché se ne parli

..o forse no. Perché le recensioni negative sui libri possono essere una doccia fredda, se quei libri li abbiamo scritti noi.

Ci diciamo tutti, e non manchiamo di comunicarlo ai nostri lettori, che siamo disposti ad accettare le critiche, se costruttive, e che da un giudizio negativo sia sempre possibile imparare qualcosa. Ce lo suggeriscono ragione e senso comune, ed è davvero raro che qualcuno, al giorno d’oggi, ammetta esplicitamente di mal tollerare le critiche. Dopotutto arroganza e presunzione non sono un buon biglietto da visita, specie per un artista.
Così la critica arriva, spesso timidamente, ma dai primi amici o parenti, si affaccia dietro rassicurazioni che abbiamo sentito tutti “mi è piaciuto moltissimo, il tuo libro, sei molto brava. Ma..” ..eccolo. Il ma è infido e lo ascoltiamo con un solo orecchio, cercando poi di giustificarne gli echi con le strategie che negli anni abbiamo imparato. Lo nascondiamo alla memoria, dimenticandocene, o lo infiliamo subito nella categoria delle eccezioni. A volte viene molto facile pensare che quel ma sia dovuto a gusti personali del lettore (o fruitore dell’opera, perché in questo caso non si parla solo di libri), la soggettività e la relatività diventano improvvisamente concetti di grande importanza. E poi diciamocelo, vincono i grandi numeri, anche se spesso quei numeri sono parenti o amici.

“La critica è giusta e necessaria. Bisogna accettarla, apprezzarla, utilizzarla”.

Su questo siamo tutti d’accordo, credo, e lo sono anche i moltissimi blog che ne parlano.
Nessuna di queste certezze, comunque, ti prepara alla critica vera e propria. Quella che arriva dallo sconosciuto lettore, quello sincero e disinteressato, che ha investito dei soldi o del tempo nella tua opera. Avevo accennato altrove al potere che questo fantomatico lettore anonimo ha in mano, in bene o in male, ma non ho mai avuto occasione, fino ad oggi, di sperimentarne la porzione negativa. Infine è arrivata, ed arriva per tutti, questo lo sappiamo, ed è stata.. beh, è stata dura proprio come immaginate. E nonostante tutte le belle parole su soggettività, relativismo, costruttività delle critiche eccetera, mi sono trovata prima di tutto immersa in un’irragionevole rabbia verso questa persona. E verso me stessa, consapevole di quanto questo abbia reso ipocrita le suddette belle parole. Sono cose di cui nessuno parla, queste. Sono cose a cui nessuno ti prepara.

Dunque, da un momento all’altro, la critica negativa ti travolge, ti fa arrabbiare, ti delude, ti intristisce ed infligge un duro colpo alla tua autostima di artista. Ti porta a cercare di rimediare con le strategie che ho già citato o addirittura ad assecondare la critica, a crederle alla cieca, a perdere completamente l’orientamento in un mondo diviso tra chi crede che la tua opera sia un capolavoro e chi la trova addirittura ridicola. Infine la critica negativa ti spinge a guardare verso te stesso e mettere sui piatti della bilancia non solo il tuo lavoro ma la tua stessa persona, le tue capacità, il tuo carattere. A questo punto la rabbia passa in secondo piano e così anche il dispiacere, in favore di una consapevolezza maggiore, che è anche un modo di fare autocritica.

recensioni negative sui libriLa consapevolezza a cui mi riferisco è quella che, prima di farti chiedere se la tua opera sia davvero un disastro o che chi l’ha criticata sia solo un ignorante, passa al vaglio la critica stessa. La spezzetta, chiedendosi che cosa, in essa, possa essere uno spunto per migliorarci, e che cosa, invece, sia solo il frutto di gusto personale del lettore. Non si tratta di un’analisi oggettiva, che farà venire fuori chissà quale verità assoluta o punto di svolta nell’elaborazione di questo triste colpo all’autostima, è tuttavia un modo per ridimensionarne l’entità e riportarlo sul piano di realtà. Una critica da sola spesso non basta, sui grandi numeri è più facile fare un confronto, ma sono del parere che nel creare qualcosa, al di là del legame affettivo che si possa avere con la propria ‘creatura’, sia anche possibile riconoscerne i punti deboli – e quelli forti, si intende.

Concludo con un esempio concreto, quello da cui è nata questa mia riflessione.
Dalla critica che ho ricevuto, e mi riferisco alla più dura, che trovate qui, dopo il primo momento di sconforto ho compreso che la scrittura ricercata non sia necessariamente un difetto drammatico, come tale critica sembrava volesse farlo passare, ma che di certo sia un elemento discriminante per alcuni lettori che preferiscono uno stile diretto. Se avessi d’improvviso pensato che quelle parole fossero oro colato, avrei dato troppa importanza al parere del singolo, dimenticando quello di altri – non solo amici o parenti – che invece hanno particolarmente apprezzato quello stesso stile. Nessuno ha in mano la Verità, perché di verità ne esistono molte. D’altronde, se avessi del tutto ignorato quella recensione, oltre a peccare d’arroganza, avrei di certo perso un indizio importante per il mio percorso di scrittura: usare parole ricercate e periodi complessi non è sinonimo di bravura né porta necessariamente con sé l’apprezzamento di tutti i lettori.
Spero di farne un punto di partenza per migliorare il mio modo di scrivere e per imparare a tollerare pareri negativi senza smettere di fare quello che mi piace: scrivere.

Poco dopo aver finito di scrivere questo articolo ne ho trovato uno simile su Anima di Carta. Ve lo link qui sotto, per correttezza:
– Come reagire alle critiche e alle recensioni negative (Anima di Carta)

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Apologia del Libro Vero (ovvero quando parlare del “libro che ho scritto” è più arduo del previsto)
Farsi conoscere come scrittore (quando la promozione non è nelle nostre corde)
L’importanza del lettore sconosciuto (quello i cui complimenti sono disinteressati)

Come creare un Ebook gratis

Lo abbiamo cercato tutti, su Google: come creare un EBook gratis?
Pubblicare un’opera su Amazon o su qualsiasi altra libreria online non è drammatico e complicato come sembra, ma richiede un certo impegno. Quando ho cominciato a provare mi sono trovata di fronte ad un gradino che mi è sembrato subito impraticabile, ovvero la creazione del file che sarebbe diventato il “libro” da vendere. Come trasformare un file word in uno epub? In giro si vedono editing pessimi e con il senno di poi non mi sento di denigrarli più di tanto: la conversione è ben più complessa di quello che sembra. Richiede di scaricare programmi dall’aria antica, che possono spaventare un po’, Calibre, per farvi un esempio. Senza dilungarmi in questa premessa, vi dico subito che ho trovato quella che a me sembra una soluzione semplice, divertente e veloce per andare incontro a queste difficoltà evitando l’intero ostacolo. Si tratta di Backtypo, uno strumento online che non richiede nessun tipo di download né alcuna conoscenza del settore per essere utilizzato.

da word a epub

Backtypo è un sito che permette la lavorazione della propria opera e la trasforma in diversi formati (tra cui il formato epub e il formato mobi, quello di Kindle) permettendo di suddividerla in capitoli, impaginarla in modo elegante, inserire un indice, modificarla in qualunque momento ed eventualmente pubblicarla (tramite il nostro caro Narcissus). Quello che si ottiene è un ebook vero e proprio, di quelli dinamici, che si adattano al lettore di cui siete in possesso e che, soprattutto, è già conforme alle norme richieste dalle librerie online per la pubblicazione (in caso non voleste usare Backtypo dovreste validare il vostro documento tramite EPubCheck e KindleGen. In questo modo sarà possibile inviare il file ad Amazon, Bookuniversity, Google e chi per loro senza paura di rigetto per forma da parte delle piattaforme in questione.

creare un ebook gratis

NB: non è necessario essere iscritti a Narcissus per usare Backtypo, ma quest’ultimo consente, se lo si desidera, di accedere al primo e pubblicare.

Dal momento che si tratta di uno strumento davvero intuitivo non mi soffermo sulla spiegazione di come utilizzarlo (per ulteriori info potete dare un’occhiata qui). Questo articolo vuole solo essere un aiuto a chi, come me, abbia appena iniziato a pensare il suo percorso di scrittore autopubblicato e non abbia la più pallida idea di come cominciarlo. In questo blog vorrei che trovaste più consigli utili possibile, quindi date un’occhiata anche agli altri articoli!

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Autopubblicazione online gratuita: come?
– Perchè pubblicare su Amazon con KDP
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Farsi conoscere come scrittore: incapacità congenita(?)
– Altre info su Backtypo (link esterno)

In bocca al lupo!

Apologia del Libro Vero

Questo non è un Libro.

Scontrandomi con me stessa, guardo alla mia opera con l’orgoglio di un genitore. Eppure mi capita, a volte, di pensare che no, quello non è un Libro. Non solo per la sua forma digitale, dai contorni impalpabili e volatili, come si potrebbe pensare in un primo momento. Sento che quella è una mia creatura, ma la rinnego, non la chiamo Libro. Libro è troppo. Libro è altro.

Cos’è un Libro?

Il Libro è quello che scrivono i grandi scrittori. Anche se non ci piace, anche se si chiama, chessò, Cinquanta Sfumature di Grigio, quello è un Libro. Quello che si può comprare ad un prezzo alto, ma soprattutto quello che si può vendere, ad un prezzo alto. Quello che spinge l’editore ad investire una piccola fortuna, quello in cui qualcuno ha creduto fino al punto di spingerlo nelle librerie – non i Caffè Letterari, non le Librerie Indipendenti, badate bene. La Feltrinelli, semmai, la Mondadori. QUELLE librerie. E’ lì che troviamo il Libro. Il Libro Vero, con le maiuscole ovunque si possano mettere le maiuscole. Il Libro che quando lo hai letto puoi parlarne con gli amici. Non importa che ti sia piaciuto, solo che se ne parli, che te ne possa vantare se non altro per cultura. Il libro di cui si parla, quello è un Libro. Che poi è così che ha avuto successo, se ne è parlato. Ma da dove è iniziato, questo passaparola, poi? Da chi? Il Libro è quello che vende sia in cartaceo che in digitale. E’ quello che ha almeno 200 pagine, ma sarebbe meglio ne avesse 300, tanto alla fine scorre. Libro è quello di J.K Rowling ma anche quello di Francesco Sole, che non è proprio un libro vero, ma forse sì, perché è così che dicono: lui ha scritto un Libro. Quindi Libro è chi lo scrive o chi lo vende. Libro è quello che non ha bisogno di scrivere ai blog letterari, ai forum, alle pagine Facebook che oggi lo trovate gratis, o che domani c’è la promozione con il 50% di sconto. E’ quello che si vende da solo, anche al supermercato, tra i libri-gioco per bambini e i ricettari per casalinghe.

Allora riflettendo su tutto questo a volte penso di non essere uno scrittore. Anzi, uno Scrittore.
Perché lo Scrittore è quello che scrive un Libro, quello di cui ti ricordi il nome, quello per cui sei disposto ad arrivare anche alla seconda pagina di Google, per cui vale la pena cercare anche dopo che il primo link ha fatto cilecca. Quello con settantacinque recensioni su Amazon, belle o brutte, ma probabilmente autentiche. Io arrivo a otto e chissà quante non sono state scritte da parenti e amici. Avrei dovuto nascere in una famiglia più numerosa. O più furba. O più colta.

L’Identità dello Scrittore è complessa, indefinita, senza limiti. Me ne accorgo rileggendomi, che non so Chi sono e non so Cosa voglio. E che vorrei che foste voi o gli altri o chiunque a chiamarmi Scrittore, perché da sola non ce la faccio. Da sola mi sembra di sussurrarlo in mezzo a giganti che se lo sentono gridare dalle montagne, e che invece di portarmi sulle loro spalle mi calpestano. Ignari, per carità. O ciechi. Comunque uno gnomo tra i giganti, che insomma, quanto può durare?

Eppure, mentre voi ed io diciamo che quell’operetta Libro non è di certo, storpia e piccola e immatura e digitale, lei è venuta alla luce là dove centinaia di altre opere sono rimaste incompiute. Non sarà degna della maiuscola, ma forse ce l’ha fatta, a guadagnarsi almeno la parola.

libro

Promozione dei libri su Amazon

Una volta pubblicato l’ebook con KDP (Kindle Direct Publishing) ed iscritti a KDP Select, si ha la possibilità di mettere il proprio libro in offerta per cinque giorni ogni tre mesi, in modo che sia scaricabile gratuitamente (promozione dei libri su Amazon ). A cosa serve? Chiaramente a indurre la gente a scaricarlo guadagnandoci in visibilità e perché no, in recensioni positive. Per questo motivo ho scelto di partecipare al programma, informandomi su diversi blog su quale fosse la strategia migliore e decidendo di cominciare con un giorno singolo di promozione, per fare una prova- giorno che poi sono diventati due per inseguire l’onda del “successo”. Di seguito leggerete che cosa è successo durante questo piccolo esperimento.
Da premettere: nel momento della promozione Amazon non aveva ancora trasferito le recensioni positive che avevo sul nuovo link, per cui il libro risultava ufficialmente sprovvisto di qualunque feedback agli occhi dei compratori.

Un po’ di numeri:

N° copie scaricate il 1°gg: 38
N° copie scaricate il 2°gg: 50
Max posizione in classifica raggiunta (Top 100 libri gratuiti): #28
Max posizione in classifica nella sezione Racconti (Top 100 racconti gratuiti): #1

tooop

Considerazioni:

Se inizialmente sono partita con grandi aspettative riguardo a questa promozione, le ho dovute ridimensionare dopo poche ore, rendendomi conto di come il numero di download fosse tutto sommato piuttosto basso rispetto ai grandi numeri osannati in giro per il web. Nonostante questo posso affermare molto tranquillamente che il numero di download gratuiti totali che ho raggiunto in due giorni è ben quattro volte più grande di quello raggiunto nelle vendite a pagamento (0,99€) quando il libro era in vendita tramite Narcissus – per saperne di più ho scritto un articolo a riguardo. Ad una prima occhiata, dunque, mi potrei dire soddisfatta del traguardo raggiunto. La prima cosa che ho pensato è stata che adesso 88 persone avrebbero potuto leggere la mia opera e, forse, qualcuna di loro l’avrebbe consigliata ad altri o l’avrebbe recensita. Ho anche pensato che la mia posizione tra i libri a pagamento, dopo la promozione, sarebbe salita molto rispetto a prima. Entrambe le cose sono piccole verità, ma parziali. E’ vero che oltre ottanta persone hanno scaricato l’ebook, ma è pur vero che molti erano amici e conoscenti e molti altri saranno stati quelli che mi piace definire scaricatori seriali, ovvero quegli acquirenti che scaricano qualunque cosa sia gratuita, senza per questo degnarsi di leggerla – sottolineo che sono una di loro, mea culpa. Per quel che riguarda la classifica dei libri a pagamento, poi, sono effettivamente salita di qualche migliaio di posti, ma non ho mai superato il #400, almeno nelle successive tre giornate. E’ chiaro che si tratti comunque di un buon risultato, ma a questo punto è difficile non trarre alcune conclusioni che lascerò qui di seguito.

Conclusioni:

Prima di tutto, l’alta visibilità che si acquisisce con la promozione gratuita su Amazon, accompagnata dallo spam selvaggio su qualsiasi piattaforma web/social/etc possibile, è assolutamente effimera e non è che un piccolo passo. Una volta terminata la promozione, infatti, si torna ad essere immersi nel mare di pubblicazioni offerte dal sito, senza alcuna possibilità di riemergere (immagino a meno di non aver ricevuto un numero incredibile di downloads, e in tal caso beati voi!) almeno fino alla promozione successiva.
Secondariamente, la classifica dei libri gratuiti non ha nulla a che vedere con quella dei libri a pagamento – tranne forse la dinamicità – ben più difficile da scalare.

Infine vorrei portare alla vostra attenzione due dettagli a cui forse non tutti farebbero caso:

> Un amico che si iscriva ad Amazon unicamente per scaricare la vostra opera gratuita non potrà recensirla, a meno che non abbia comprato almeno un altro prodotto (COMPRATO, dunque non vale tutto ciò che è gratis). Spero sia chiaro che per recensire, inoltre, è necessario avere un account.

> Chiunque non sia in possesso di un Kindle e non gradisca leggere da un dispositivo quali tablet, computer o telefono, dovrà rinunciare alla lettura del vostro libro nel caso siate iscritti al programma KDP Select (e quindi abbiate rinunciato a pubblicare altrove in altri formati come il pdf o l’epub). Da notare che Amazon mette a disposizione un’app gratuita per leggere il formato Kindle da qualunque dispositivo elettronico.Una nota positiva, questa.

L’importanza del Lettore Sconosciuto

Scrivi un libro, una storia, un racconto, qualcosa. Te lo pubblichi da solo, perché adesso è così, si può fare, ti leggeranno. E lo mandi a più persone possibile, amici, parenti, fidanzata, amici di amici, parenti di amici, tutta la (piccola) rete a cui puoi fare riferimento. Non è che preghi, però tra le righe suggerisci di recensirti, o magari nemmeno tra le righe, perché tanto gli è piaciuto o così dicono, ti convinci che non sia una cosa di parte. Magari non lo è davvero, eh. Ma quella pulce nell’orecchio ce l’hai, che tutta questa sia accondiscendenza, che il parere positivo di tutte queste persone non sia poi così sincero, o lo sia ma influenzato dalla benevolenza che ciascuno ha nei tuoi confronti.

Non nego l’importanza di chi voglia incoraggiarmi né quella di chi effettivamente ha stimato il mio lavoro in qualche forma, tuttavia personalmente non riesco ad apprezzare del tutto questo tipo di feedback. O meglio, lo apprezzo ma il suo valore lo avverto come molto limitato. Mi rendo conto che possa sembrare offensivo nei confronti di chi ha messo la sua sincerità al servizio di una critica al mio lavoro, ma è innegabile: le critiche positive di chi mi conosce non posso considerarle come il raggiungimento di un traguardo intero. Forse un pezzetto. Ma non tutto.

Una sera, mentre riguardi per la quindicesima volta la tua pagina su Amazon, tu, unica a farlo, alla ricerca di una risposta che non arriva, decidi per l’ennesima volta di fare quello sforzo odioso di promuoverti ricordando ai venti siti a cui ti sei iscritta che ci sei anche tu. E la tua opera. Apri il forum, vai sul post autodedicato al tuo libro e toh, qualcuno ha commentato. A nulla serve il pessimismo che già immagina che si tratti del moderatore del sito, nulla a che fare con il contenuto del post, perché quando lo apri vieni sorprendentemente smentito.

Quello che mi è capitato è stato leggere il commento di una persona, uno sconosciuto, che aveva letto il mio racconto per davvero, e aveva commentato per davvero, e mi aveva cercata, perché gli era piaciuto. Per davvero. Lui lo sa già,  ma lo scrivo anche qui perché ritengo questo momento un nodo importantissimo del mio percorso: che qualcuno sia rimaso colpito da quanto da me creato al punto di volermelo comunicare, al punto di fare quello sforzo di cercare altre recensioni o informazioni, una “piccolezza” di cui nemmeno la mia rete di conoscenze è stata capace, è una soddisfazione estrema e, finalmente, completa.

Questo è, finora, per me, uno dei frutti più importanti di quello che ho fatto.

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